2.4 La Finestra di Tolleranza come Guida per Costruire la Resilienza

2.4 La Finestra di Tolleranza come Guida per Costruire la Resilienza

Descrizione del concetto di Finestra di Tolleranza

Le persone sono più capaci di gestire le situazioni di stress ed i relativi fattori scatenanti quando sono in grado di gestire le emozioni che ne conseguono. Qui entra in gioco il concetto di “Finestra di Tolleranza”. Corrigan, Fisher e Nutt (2011) lo descrivono come la zona di eccitazione ottimale di una data persona nel “funzionamento” della vita di tutti i giorni, nella quale le emozioni possono essere vissute in quanto tollerabili e le informazioni possono essere integrate.

Oltre alla Finestra di Tolleranza troviamo i concetti di “Ipereccitazione” e “Ipoeccitazione”. Il primo descrive un elevato stato di eccitazione ed energia, che potrebbe attivare la sopramenzionata risposta di attacco-fuga-blocco in cui una persona potrebbe perdere il controllo delle proprie azioni. Il secondo descrive una risposta di arresto o di collasso nella quale una persona potrebbe sentirsi intontita, svuotata, avere uno sguardo spento o essere incapace di parlare o esprimersi.

Gli autori descrivono i comportamenti che le persone usano per cercare di tornare dentro la propria finestra di tolleranza ma molto spesso finiscono per condurli all’estremità opposta dello spettro. Ad esempio, a seguito di una sensazione di terrore dopo il flashback relativo ad un trauma, una persona potrebbe giungere ad uno stato di ipereccitazione ed essere invogliata a ricercare il cibo per calmarsi, ma poi ciò potrebbe portare ad un sentimento di vergogna verso sé stessa per essersi abbuffata, attivando uno stato di ipoeccitazione. Alla fine, cercando di compensare tutto ciò, essa potrebbe ricercare dell’alcool per riattivare lo stato di eccitazione, ma invece di riportarla all’interno della finestra di tolleranza, andrebbe per sfociare nel nocivo stato di ipereccitazione. Successivamente, durante il periodo di astinenza, potrebbe riemergere il flashback legato al trauma e così via, in un ciclo infinito.

Al fine di evitare questi stati di disregolazione ed i relativi comportamenti, come principio fondamentale da seguire, bisogna cercare di rimanersi all’interno della Finestra di Tolleranza. Come puoi aiutare qualcuno a farlo?


Figura 3 – Tendere la mano

 

Costruire la Resilienza: Ampliare la tua Zona Ottimale, la tua Tranquillità

Hobfoll (2007) dopo essersi confrontato con un gruppo di esperti di fama mondiale, individua 5 princìpi d’intervento inerenti alle situazioni traumatiche. Tali princìpi governano le aree più sensibili che necessitano di supporto, promuovendo il sentimento di Sicurezza, Tranquillità, la sensazione di Auto-efficienza e l’efficienza della comunità, il senso di Connessione ad una rete di supporto sociale, e la Speranza.

In aggiunta a questo, Brymer et al. (2006) fissa alcuni fondamenti riguardanti il come prepararsi quando ci troviamo a fornire supporto a qualcuno che sta vivendo un’esperienza traumatica, come stabilire una relazione, favorire il senso di stabilità, di sicurezza e tranquillità. Come raccogliere informazioni, indirizzare la persona ad altri servizi, aiutarla a fronteggiare tale situazione e ad attivarsi per ricevere supporto sociale.

Innanzitutto, secondo Brymer et al. (2006) è importante essere consapevoli di come ci dobbiamo approcciare alla situazione, comprendere come poterla gestire, in modo da riuscire a cogliere i segnali di soccorso, come ad esempio agitazione, isolamento, apatia, eccessiva preoccupazione ecc. È fondamentale adattare la conversazione in base alle esigenze e alle problematiche del gruppo target e concentrarsi sulle strategie per risolvere tali problemi, non lasciare che la conversazione prenda esclusivamente la piega della lamentela.

Il trauma può suscitare forti reazioni nelle persone. Pertanto, mantenere una calma presenza può aiutare a creare fiducia e a conservare un approccio ottimista riguardo alla situazione, atteggiamento/stato che potrebbe essere preso da esempio e seguito. Prestare attenzione ai contesti culturali, etnici, religiosi o linguistici di una persona e del suo background culturale, così come sapere che ci sono persone appartenenti a popolazioni a rischio (come ad esempio le persone socialmente svantaggiate), persone che hanno subìto perdite significative.. questi sono tutti fattori che potrebbero essere indicativi di come la persona con cui ci si confronta si comporta ed esprime le proprie emozioni. Come anche il promuovere un lavoro sulle tradizioni, sulle usanze, sulla struttura familiare, potrebbe essere un ulteriore suggerimento che andrebbe a beneficio della persona che stiamo cercando di aiutare.

Brymer et al. (2006) sottolinea l’importanza di:

  • Innanzitutto osservare, evitare un atteggiamento invadente, chiedere quali sono le necessità della persona e in che modo possiamo aiutarla.
  • Essere preparati alle persone che ti evitano, o, viceversa, si attaccano troppo.
  • Concentrarsi sui bisogni della persona che stai aiutando mentre parla.
  • Quando ti rivolgi ad essa, fallo tranquillamente, portando pazienza e mostrando sensibilità. Evita slang o parole gergali.
  • Esalta in modo positivo gli sforzi che la persona sta facendo per restare sulla retta via e prendi in mano la sua situazione.

Sapere questo e unire il contributo derivante dai modelli di entrambi gli autori, ci porta a tracciare delle lineeguida su come promuovere specifiche situazioni chiave, quando ci troviamo a lavorare con una persona condizionata da esperienze traumatiche.

Al fine di favorire uno stato di Ottimismo, Sicurezza e Tranquillità è importante:

  • Normalizzare le reazioni di stress
  • Aiutare le persone ad individuare, ampliare e focalizzarsi sullo sviluppo dei propri punti di forza
  • Portare le persone a saper gestire determinati comportamenti/reazioni (respirazione profonda, rilassamento muscolare, tecniche di radicamento)
  • Aiutare le persone a gestire i pensieri autocritici

Al fine di promuovere Auto-efficienza:

  • Dare alle persone degli strumenti
  • Coinvolgerli nel processo decisionale per il loro risanamento
  • Promuovere attività comunitarie (ritrovi/eventi, attività religiose)
  • Incoraggiare le persone a credere nelle proprie capacità
  • Insegnare loro come risolvere i problemi e fissare obiettivi raggiungibili
  • Contribuire ad aumentare la consapevolezza della persona sul fatto di avere il controllo sui propri problemi

Al fine di favorire il legame con una rete di supporto sociale:

  • Individuare le persone prive di qualsiasi supporto
  • Insegnare loro come cercare aiuto
  • Aiutare in caso di disaccordi tra i membri familiari
  • Fornire supporto formale in merito a risorse utili

In questo capitolo, nello sforzo da parte nostra di rendere chiaro cosa sia un trauma e come gestirlo, abbiamo ruotato intorno a due importanti concetti fondamentali:

  • Le esperienze traumatiche non portano necessariamente al consolidamento del trauma
  • Il nostro cervello dimostra plasticità, le circostanze attuali possono essere modificate, il trauma non è per sempre.

In quest’ottica, quando ci troviamo a lavorare con persone che hanno vissuto esperienze traumatiche, puoi aiutarli a smantellare pensieri e convinzioni a lungo mantenute riguardo a chi sono, al significato delle proprie esperienze, al fine di aiutarli a costruire la resilienza. Di seguito alcuni esempi:

  • Cosa hai cercato di fare, per riuscire ad uscire dalla tua situazione?
  • Quali miglioramenti hai notato successivamente?

 

Domande di riflessione per il lettore:

  1. Perché è importante intervenire subito dopo un evento traumatico?
  2. Riporta due situazioni in cui è meglio indirizzare una persona ad un terapeuta professionista.
  3. In che modo puoi aiutare una persona che ha vissuto un’esperienza traumatica a migliorare la sua affermazione nel mercato del lavoro?